venerdì 10 maggio 2013


<<[...] Per apprezzare debitamente questo posto, per vederlo nel suo splendore massimo conviene assistere al crepuscolo. Al crepuscolo, signori, il riverbero della nuvola di turno che il sole ostinatamente illumina si espande sui tetti, le terrazze, le cupole, i lucernari, le guglie delle antiche basiliche (dove furono incoronati i cesari)le vetrate delle gigantesche fabbriche, sui pulvinari, sulle cime delle querce le quali fecero ombra ai sonni di Clorinda. A questo punto fumi e remote voci si levano dalla profondità dei trivii e il cadente rombo dei macchinari (mentre la immobile luce della luna rende il cortile del carcere simile a un racconto delle fate) il cadente rombo forma un coro immenso ed armonioso, confondendosi con i sogni, con le speranze nostre. Oh,aspettate."
Ma non è vero, in tutta confidenza, quando la notte è scesa trovarsi solo nel mezzo di questi spaventosi casamenti non è raccomandabile. Quando si è fatto buio, nonostante la vivida luce dei lampioni, escono dalle porte coloro che non incontrare è meglio: personaggi lontani, cari amici con i quali si viveva dall'alba al tramonto ininterrottamente conoscendo l'uno dell'altro i minimi pensieri, o ragazzette minori dei vent'anni, quelle che arrivavano raggianti all'appuntamento della sera. Ma che hanno? Perché non salutano, non mi gettano le braccia al collo? E invece passano accanto con un impercettibile sorriso? Sono offesi? Di che cosa? Hanno dimenticato tutto? No. Semplicemente gli anni! Semplicemente non sono più gli stessi. Col tempo - quanto! - anch'essi, senza sospettarlo, si sono trasformati fin nelle più riposte viscere, nei reconditi lobi del cervello. Di allora non è rimasto che un simulacro, il nome, ecco, e il cognome. Mi passano accanto, silenziosi, come larve. " Ciao Antonio " io dico "Ciao Rita, ciao Guidobaldo, come state? " Non sentono, non voltano neanche la faccia, il ticchettio dei tacchi si allontana. "Un momento ancora, vi prego, amici, egregi signori, illustrissimi, eccellenze. Perché scappate subito? Non avete visto ancora niente. Fra poco si accenderanno i lumi e le strade assomiglieranno a certe pagine di romanzi di cui non ricordo il nome. Nel giardino dell'Ammiragliato, alle ore 21 tutte le sere un usignolo con diploma canta. Donne pallide e bellissime si appoggeranno con i gomiti alle balaustre del lungofiume e aspetteranno: probabilmente voi. Nella reggia secentesca, alla luce dei candelabri, in onore vostro il principe darà una festa, non udite i violini che cominciano? "
Ma non è vero. Nella immensa città che nessuno di voi conosce né mai conoscerà, nella città fatta dalla mia stessa vita (parchi palazzi addii gasometri ospedali primavere caserme portici Natali stazioni ferroviarie statue amori) Dio, come sono solo. I passi riecheggiano misteriosi da una casa all'altra dicendo: Che fai? Che vuoi? Non ti accorgi di come tutto è inutile?>>

Tratto dal racconto "La città personale", Dino Buzzati



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